Abbiamo parlato più volte dell’Ametista, delle sue proprietà e del suo potere spirituale quanto mistico.
In realtà l’ametista è un minerale di origini molto antiche che percorre talmente nel profondo le radici del tempo da esser protagonista di un mito greco-romano.
Vediamo come protagonisti indiscussi della leggenda Artemide (Diana) dea della caccia e Dioniso (Bacco) dio del vino. Due presenze decisamente molto diverse tra loro: Artemide di bella presenza apprezzava le gioie delle cose semplici insieme alla quiete della solitudine, mentre Dioniso era tutt’altro fuorché solo e preferiva il brivido delle conquiste insieme a quello che regalava il famoso nettare degli dei.
Dioniso si sentiva particolarmente attratto dalla dea della caccia, ma lei non lo degnava di attenzioni, anzi declinò più volte i suoi corteggiamenti anche bruscamente.
Il dio non era abituato ai rifiuti, perciò per sfogarsi un giorno bevve così tanto da raggiungere a spiacevoli conclusioni: decise che avrebbe ordinato alle sue tigri di sbranare la prima donna che avrebbe incontrato sul suo cammino e di mostrare così alla pura e casta Artemide cosa aveva provocato il suo comportamento sconsiderato.
Dioniso si diresse dunque verso la foresta e la prima persona che incontrò fu la giovane Ametista, in quel momento diretta proprio al tempio della dea Artemide per renderle omaggio. Ametista ebbe giusto il tempo di implorare pietà alla dea prima che le tigri si scagliassero contro di lei.
Artemide riuscì ad intervenire, ma troppo tardi purtroppo. Le tigri avevano preso possesso del suo corpo e per evitare alla giovane fedele ulteriori sofferenze, scelse di tramutarla in un cristallo bianco purissimo. Le tigri non riuscirono ad addentarlo, anzi si narra che persero tutti i denti e che da allora maturarono la fobia per i cristalli.
Testimone della scena, Dioniso rinvenne dal suo status composto da alcool e rabbia, rendendosi conto delle atrocità che aveva commesso. Dopotutto era stata Artemide a deludere le sue fantasie, non la povera Ametista.
Sinceramente pentito, il dio si inginocchiò accanto alla statua della povera fanciulla iniziando a piangere disperatamente implorando il suo perdono. Nel mentre versò anche il vino che gli era rimasto, il famoso nettare degli dei.
Lacrime e vino si mischiarono regalando al cristallo la splendida colorazione che oggi noi tutti conosciamo.
Perciò l’ametista sarebbe il risultato di una duplice trasformazione: da bellissima fanciulla diventa un cristallo bianco purissimo per poi assumere il colore violaceo del vino degli dei mischiato alle lacrime di un dio pentito.
Si dice che da quel momento gli dei iniziarono a bere vino all’interno di calici ricoperti al loro interno con cristalli di ametista, in modo godere dell’ebbrezza dell’alcool senza essere vittime dei suoi effetti negativi, come accadde a Dioniso.